I fumatori che contraggono l’infezione da SARS-CoV-2 hanno una percentuale maggiore di andare incontro a sintomi clinici più gravi rispetto ai non fumatori.

A dirlo è l’Istituto Superiore di Sanità che sottolinea come tale rischio, rispetto ai positivi al Covid-19 che non fumano, possa più che raddoppiare. Smettere di fumare, dicono gli esperti, è ora più che mai importante.

I dati medici

In virtù di recenti studi relativi   a Covid-19, si legge sul sito dell’Iss, “abbiano evidenziato un rischio di malattia più severa tra i fumatori”. Tra l’altro, a conferma di ciò, ci sono una serie di dati scientifici evidenti: un terzo in più dei fumatori positivi al Covid-19 presentava all’atto del ricovero una situazione clinica più grave dei non fumatori e, in particolare, per questa categoria di persone il rischio di aver bisogno di terapia intensiva e ventilazione meccanica è più che raddoppiato. Secondo gli esperti, poi, tali i studi ipotizzano anche che la condizione di fumatore possa raccontare la differenza di genere nel tasso di letalità riscontrata che sarebbe del 4,7% negli uomini contro il 2,8% nelle donne. Per fare un parallelo con la situazione della Cina, scrive l’ Iss, la prevalenza di fumatori uomini supera il 50% mentre quella legata alle donne è inferiore al 3 %.

I fumatori in Italia

Per quanto riguarda  l’Italia, l’ Iss scrive che i fumatori sono 11,6 milioni, ovvero il 22% della popolazione di età superiore ai 15 anni. Gli uomini che fumano sono oltre 7 milioni e le donne 4,5 milioni. Tra i più giovani, di età compresa tra 14 e 17 anni, fuma abitualmente l’11,1% e occasionalmente il 13,4%.

I dati stanno arrivando dagli ospedali e dimostrano che, tra chi si ammala, il percorso di chi ha una storia di fumatore è più travagliato. L’ Organizzazione Mondiale della Sanità dice che si sta assistendo, dai dati clinici che arrivano dai ricoverati, che chi fuma ha una maggiore propensione ad avere un quadro di insufficienza respiratoria più accelerata e più grave. In altri termini: i fumatori hanno una prognosi peggiore perché vanno più facilmente incontro a una insufficienza respiratoria rispetto ai non fumatori».

Il Coronavirus trova nei soggetti maturi fumatori un terreno piu’ fertile che, con piu’ probabilita’, fa evolvere un apparente modesto stato influenzale in una polmonite difficile da controllare farmacologicamente“: lo ha dichiarato il professor Giacomo Mangiaracina, medico specialista in salute pubblica, della Societa’ Italiana di Tabaccologia (SITAB) e presidente dell’Agenzia nazionale per la prevenzione. “I danni al polmone sono strutturali e funzionali. Nei primi si ha la degenerazione carcinomatosa e la lacerazione delle delicate pareti alveolari fino alla creazione di veri e propri buchi dove l’aria rimane imprigionata, una condizione che puo’ evolvere verso l’ enfisema“. Nel danno funzionale da fumo, prosegue Mangiaracina, prevale “il ristagno di muco catarroso e lo spasmo delle delicate vie respiratorie, prima causa della malattia polmonare cronica ostruttiva (BPCO), che riduce il respiro e può evolvere verso l’insufficienza respiratoria. Ed e’ proprio questo aspetto che rende il polmone molto più vulnerabile dall’ attacco di agenti patogeni“. La bronchite cronica, è “il riscontro più frequente. Ma e’ il ristagno di muco a trasformarsi in un vero e proprio terreno di coltura per batteri e virus, che possono esitare in broncopolmoniti acute“. I dati della ricerca parlano chiaro: “Non c’e’ ambito scientifico più  studiato dei danni causati dal fumo all’organismo umano. Si tratta di un danno multidimensionale che coinvolge ogni organo e apparato, ma in misura maggiore ne fanno le spese i polmoni e le vie respiratorie. Con buona approssimazione si calcola che, fumando 20 sigarette al giorno, in un anno si accumulerebbero nel polmone qualcosa come un etto di condensato, cioè di catrame. Non si accumula per il fatto che il polmone mette in atto una serie di difese per smaltirlo, come il muco e le ciglia, che agiscono come un nastro trasportatore. Con il catarro perciò si espelle una buona parte di catrame ma alla fine il danno prevale in forme diverse”.

Mai come in questo momento è il caso di imporsi un cambiamento radicale per quanto riguarda l’abitudine al fumo; perché smettere di fumare aumenta notevolmente la capacità di ossigenazione polmonare apportando un beneficio non solo a livello del distretto polmonare ma  anche a livello di  tutti gli  distretti dell’organismo.